Una riflessione di AGIS in relazione alla recente approvazione del bilancio comunale e all’interlocuzione con l’Assessora alla Cultura Rosanna Purchia
Nell’antica Roma, con un po’ di cinismo, si diceva pecunia non olet (il denaro non ha odore) a significare che, qualunque sia la sua provenienza, il denaro è sempre denaro e dunque non bisognava porsi troppe domande nel farne uso.
A duemila anni di distanza, nella contemporanea Torino, abbiamo conferma di quanto sia ancora valida l’antica saggezza latina; ce ne dà prova, in una sua recente intervista, pubblicata sul Corriere della Sera lo scorso 12 dicembre, l’Assessora alle politiche culturali Rosanna Purchia, quando ci spiega che nel 2024 verranno tagliati 415.000 euro, inseriti a bilancio nella spesa corrente a favore delle imprese private dello spettacolo dal vivo e saranno non solo compensati, ma fortemente incrementati grazie alle risorse provenienti dai fondi strutturali europei. Dunque le imprese interessate non possono che plaudere.
A leggerla così parrebbe essere una notizia positiva se non fosse che, a dispetto dell’adagio latino e in ossequio alla complessità di questo nostro mondo, le cose possono essere viste in altro modo. Un poco di pazienza e proviamo a spiegarci.
Antefatto
I 415.000 euro fatti sparire dal bilancio cittadino erano la tangibile testimonianza di uno storico percorso culturale, il Sistema Teatro Torino, che ebbe inizio nel 2001. Obiettivo: superare la distanza allora esistente tra Teatro Stabile di Torino e le Compagnie di Produzione. Negli anni fu dunque creato un ambiente teatrale basato sull’identificazione di chi fa cosa, in relazione gli uni agli altri. Insomma quello che oggi piace definire un modello partecipato per ruoli e funzioni, divenuto punto di riferimento per tutto il settore teatrale torinese. Nel 2016, con la nascita della Giunta Appendino, il Sistema Teatro Torino, divenne TAP, Torino Arti Performative, e incluse oltre al teatro, la musica, la danza e il circo. Due i bandi promossi: uno annuale, a sostegno delle realtà con vita imprenditoriale più giovane; ed uno triennale. Si arriva così al 2023, con contributi a 38 soggetti dello spettacolo dal vivo. Un modello da cambiare? Certamente sì, poiché, come ogni progetto, partecipa delle condizioni che cambiano, tanto sul fronte delle politiche di intervento della Città, quanto su quello del tessuto culturale cittadino e della domanda che esso genera.
Un modello da cancellare? No, questo no.
E qui rientra in gioco il denaro: da dove viene e come viene chiesto che sia speso. Un terreno dove gli aspetti tecnici si fanno politici. Eccola la complessità!
E se a voi chiediamo un supplemento di attenzione,
noi proviamo ad essere più chiari possibile, procedendo per punti:
1. l’Assessora afferma che sono disponibili più risorse rispetto agli anni passati. Vero. Queste, però derivano da fondi strutturali europei e vedono l’intervento culturale non tanto come fine, ma come mezzo per raggiungere altri importanti obiettivi di rigenerazione urbana, di contrasto alle povertà educative, di risanamento sociale, ecc.
Premesso che tutto il sistema dello spettacolo dal vivo – sia pubblico che privato – persegue nelle proprie progettualità obbiettivi di impatto sociale (lo testimoniano i bilanci sociali di alcuni di loro e comunque le attività, che sono pubbliche), la scelta della Città di Torino di intervenire in modo prevalente attraverso il bando “Torino che Cultura” cancella il precedente modello partecipato del Sistema Teatro Torino. La distinzione di funzioni tra soggetti pubblici e soggetti privati infatti ora è netta: mentre ai primi, Teatro Stabile di Torino, Teatro Piemonte Europa e Fondazione Teatro Ragazzi e Giovani viene chiaramente riconosciuto il ruolo di soggetti produttori di cultura, ai secondi, imprese private a funzione pubblica, cooperative e associazioni, viene demandato il compito di pura esecuzione di servizio. Non solo. Non sono previsti sistemi strutturali di relazione tra di loro, a dispetto del principio del lavoro in rete, che pare essere la soluzione di tutti i mali (certo dicendo così ci esponiamo alla critica del “coltiva il tuo orticello”, ma su questo siamo pronti al confronto!).
Domanda: alla Città di Torino interessa che le istituzioni e gli enti pubblici e privati dello spettacolo dal vivo (vale la pena ricordare che questi ultimi apportano indirettamente all’economia dello spettacolo in città circa 5 mln di € l’anno di contributi del MiC e della Regione Piemonte per la loro attività) operino in sinergia e in dialogo? O la visione della Città – legittima naturalmente – è quella di un ambiente ove la rete è un principio assunto a misura dei contesti e l’azione dei singoli è lasciata esclusivamente alla propria iniziativa?
2. La centralità della produzione culturale in generale e dello spettacolo dal vivo nello specifico ne esce pertanto misconosciuta. E se essa ha trovato e troverà ancora nel 2024 un contesto che le è proprio – il Bando Periferie promosso dal MiC in concerto con le Città Metropolitane -, tale misura è vista in chiusura a partire dal 2025;
3. sia i fondi ministeriali che quelli europei hanno pertanto un carattere di temporalità limitata. Viene dunque da fare un paragone: nell’economia famigliare le necessità che si ritengono importanti sono coperte dalle entrate ordinarie. Lo straordinario – che non è detto che sia superfluo – lo si copre con quanto entra in più, magari per guadagni inattesi e temporanei. Ebbene cancellando dalla partita corrente – quanto voglio spendere per ciò che ritengo importante con soldi miei – il TAP – unica posta di bilancio insieme a quota parte del finanziamento per la Fondazione per la Cultura ad aver avuto questa sorte -, la Città ha dichiarato che la produzione culturale dello spettacolo dal vivo delle imprese private può essere relegata all’incerto delle partite straordinarie. Crediamo sia una scelta rischiosa e miope, proprio nel momento in cui la Città ambisce a diventare Capitale europea della Cultura nel 2033.
Anche qui qualche domanda:
la Città conferma la scelta politica di disinvestire sulla produzione di spettacolo dal vivo, affidando all’incertezza di partite finanziarie a termine tale comparto? E in seconda battuta: con quali risorse si intende sostenere la filiera della produzione culturale del comparto (compagnie consolidate ed emergenti, festival, organismi di programmazione…) una volta venute meno le due linee di finanziamento oggi attive? Attenzione, guardiamo ad un orizzonte assai vicino, perché in termini di programmazione il bilancio del 2025 e del 2027 sono materia viva oggi, considerando che a fine 2026 un hub culturale di rilevante valore e impatto come il Teatro Nuovo sarà di necessità terminato;
4. abbiamo fatto cenno ai contributi che le imprese di spettacolo dal vivo portano indirettamente in Città, in virtù dei riconoscimenti ministeriale e regionale. Ciò introduce, al di là del valore economico, un tema di politica culturale. Qual è la politica della Città nel contesto del sistema interistituzionale della Repubblica. Come si rapporta a Regione e Stato? In termini di indipendenza o sussidiarietà?
La scorsa settimana, AGIS ha incontrato l’Assessora Purchia, informandola che avrebbe dato avvio ad una battaglia pubblica affinché, già con l’assestamento di bilancio della prossima primavera, fossero ripristinate risorse adeguate.
Ecco pertanto, dopo aver messo in fila qualche ragionamento, qualche richiesta:
1 – chiediamo alla Città di Torino di tornare sui propri passi e riconsiderare la necessarietà e l’importanza di un finanziamento specifico – in partita corrente – allo Spettacolo dal vivo, unico strumento capace di garantire nel lungo periodo la riconosciuta qualità artistica delle imprese torinesi;
2 – chiediamo alla Città di Torino di ripensare ad un sistema di relazione dello spettacolo dal vivo, a partire dalla mappa che la Città ha realizzato appena avviatasi la nuova consiliatura. Superare il TAP ed evitare il rischio di irrigidire riconoscimenti e posizioni è un obiettivo comune;
3 – infine, chiediamo alla Città di Torino di affrontare il tema del finanziamento alla produzione dei comparti culturali diversi dallo spettacolo da vivo considerandoli, al pari di quest’ultimo, strategici e vitali per la vita cittadina e dunque investendo anche per essi in partita corrente, a partire dalla ricerca condivisa di criteri di professionalità, imprenditorialità, attenzione al nuovo che emerge.